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19 agosto 2022
ore 16:28
di Giacomo Foresta
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Alla fine anche il Plateau Rosa ha dovuto alzare bandiera bianca: da venerdì 29 luglio stop allo sci estivo sul ghiacciaio sopra Cervinia-Zermatt per via delle «scarse precipitazioni nevose in combinazione con le alte temperature attuali e le piogge oltre i 4000 metri di quota» che «rendono temporaneamente impossibile la prosecuzione dello sci estivo».

L'annuncio arrivato in settimana da parte degli impianti di risalita di Zermatt (le piste si trovano infatti in territorio svizzero, ndr) segue di appena una settimana la comunicazione della chiusura forzata degli skilift al Passo dello Stelvio, l'unica ski area estiva sopravvissuta in Italia. «Dopo un periodo con temperature altissime, con lo zero termico oltre i 4400 metri, ci siamo arresi e dobbiamo comunicare nostro malgrado la sospensione temporanea dello sci sul ghiacciaio», aveva comunicato Umberto Capitani, il gestore degli impianti di risalita in Alta Valtellina al confine con la provincia di Bolzano. «Resteranno al momento in funzione solamente le funivie per i pedoni. Siamo fiduciosi che con le prime perturbazioni la situazione possa migliorare e si possano riaprire anche le piste per gli allenamenti delle Nazionali di sci e per i turisti».

Più o meno sello stesso tenore la nota di Zermatt Bergbahnen: «Si tratta di un'interruzione temporanea dell'attività sciistica estiva, durante la quale però continueranno i lavori di manutenzione delle piste e degli impianti di risalita. Anche i tracciati di allenamento verranno preparati in modo da poter essere riutilizzati in qualsiasi momento». E ancora: «La pista per la Coppa del Mondo di sci "Gran Becca", sulla quale si svolgeranno due gare di discesa libera maschile il 29 e 30 ottobre e altre due di discesa femminile il 5 e 6 novembre, è già pronta per metà del suo sviluppo in territorio svizzero. I lavori continueranno poi sul restante tratto svizzero e successivamente su quello italiano, in modo che la pista sia pronta per le gare già a partire da inizio ottobre».

Dopo la chiusura gli anni passati degli impianti sulla Marmolada, sul Presena e in Val Senales, il cambiamento climatico ha reso lo sci estivo sulle nostre Alpi un miraggio contronatura. Chi resiste - come Stelvio e Plateau Rosa - vede accorciarsi sempre di più la stagione. E nel caso di estati particolarmente torride come questa, è costretto ad arrendersi alla fusione dei ghiacciai, ormai ridotti a tristi nevai scuri e moribondi. Attualmente in Europa gli unici impianti sciistici in funzione si trovano ad altissima quota nella svizzera Saas-Fee - ma solo per gli allenamenti degli atleti - e sul ghiacciaio austriaco di Hintertux. Anche le località francesi di Tignes e Les 2 Alpes si sono arrese al cambiamento climatico.

D'altronde che lo sci - non solo estivo - sia uno sport ecologicamente insostenibile e a rischio estinzione l'aveva già sentenziato l'anno scorso un'indagine del centro Eurac Research di Bolzano. Secondo la ricerca, «con un aumento della temperatura media di 4°C, la percentuale di impianti sciistici accessibili si ridurrebbe al 12% rispetto a quelli attuali». Ovvero circa 180 sui 1500 attualmente in funzione in Italia. Non solo: secondo la "Relazione speciale sull'oceano e la criosfera in un clima che cambia" dell'Ipcc-Intergovernmental panel on climate change, entro fine secolo non si potrà più sciare nella maggior parte delle stazioni sciistiche sulle Alpi, ma anche sui Pirenei, in Scandinavia, in Nord America e in Giappone.

Lo stesso dossier "Nevediversa 2021" di Legambiente aveva stabilito che «il normale svolgimento di una stagione sciistica è possibile se vi è una copertura nevosa garantita di almeno 30 cm, per minimo cento giorni». Cosa in prospettiva difficile da assicurare, con queste temperature, per la maggior parte delle stazioni, se non quelle con piste a quote elevate, oltre i 2500 metri. Senza contare gli ingenti costi - ambientali ed economici - per l'innevamento artificiale delle piste d'inverno. Fattore che, secondo il Club Alpino Italiano, decreterebbe di per sé «l'insostenibilità economica ed ecologica dell'industria dello sci in relazione ai cambiamenti climatici in atto». Ma questo è un altro discorso.


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